Danni da vaccinazioni

Il danno da vaccinazioni è l’indennizzo che spetta al soggetto danneggiato da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.

È notorio che la vaccinazione costituisce un’importante attività di prevenzione dalle malattie infettive.

Il procedimento, in concreto, consiste nella somministrazione in forma controllata di una sostanza contenente gli antigeni – batteri e virus morti o depotenziati – che innescano una risposta immunitaria dell’organismo, sollecitandolo alla produzione di anticorpi da impiegare in caso di un eventuale futuro contatto con l’agente patogeno.

Come ogni trattamento medico, anche la vaccinazione può avere effetti indesiderati. Oltre a quelli di lieve entità e/o transitori, purtroppo, dalla somministrazione del vaccino possono derivare anche effetti gravi e permanenti.

Dal punto di vista legale, è utile suddividere gli effetti indesiderati (recte danni) in due categorie: quelli prevedibili ed evitabili e quelli non prevedibili e, quindi, non evitabili. La differenza segna il discrimen tra risarcibilità e/o indennizzabilità degli stessi.

L’indennizzo

Con la legge n. 210/1992 titolata “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati”, è stato riconosciuto il diritto del paziente di vedersi corrispondere un indennizzo nel caso di danno permanente da vaccinazione.

La ratio della norma è stata evidenziata in maniera chiara dalla Corte Costituzionale: “se il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività (art. 32 della Costituzione) giustifica l’imposizione per legge di trattamenti sanitari obbligatori, esso non postula il sacrifico della salute individuale a quella collettiva. Cosicché, ove tali trattamenti obbligatori comportino il rischio di conseguenze negative sulla salute di chi a essi è stato sottoposto, il dovere di solidarietà previsto dall’art. 2 della Costituzione impone alla collettività, e per essa allo Stato, di predisporre in suo favore i mezzi di una protezione specifica consistente in una “equa indennità”, fermo restando, ove ne realizzino i presupposti, il diritto al risarcimento del danno” (Cort. Cost. n. 27/1998).

Inizialmente, l’indennizzo era riconosciuto solo nell’ambito delle vaccinazioni obbligatorie, mentre a seguito della pronuncia Corte Costituzionale n. 107/2012 è stato esteso anche ai vaccini non obbligatori ma “consigliati” dalle autorità sanitarie (es. campagna di sensibilizzazione).

La Corte ha infatti precisato che “In un contesto di irrinunciabile solidarietà la misura indennitaria appare per se stessa destinata non tanto, come quella risarcitoria, a riparare un danno ingiusto, quanto piuttosto a compensare il sacrificio individuale ritenuto corrispondente a un vantaggio collettivo: sarebbe, infatti, irragionevole che la collettività possa, tramite gli organi competenti, imporre o anche solo sollecitare comportamenti diretti alla protezione della salute pubblica senza che essa poi non debba reciprocamente rispondere delle conseguenze pregiudizievoli per la salute di coloro che si sono uniformati” (Cort. Cost. n. 107/2012).

Titolare del diritto indennitario non è solo il paziente a cui è stato inoculato il vaccino (o i suoi aventi causa), ma anche coloro che abbiano riportato danni a causa del contatto con una persona vaccinata ( c. 4, art. 1, L. 210/92)

L’indennizzo, ai sensi dell’art. 2 della predetta legge, è costituito da un assegno reversibile per quindici anni, cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito e rivalutato annualmente. Nel caso in cui dal vaccino sia derivata la morte, l’avente diritto può optare tra l’assegno reversibile o una somma una tantum di € 77.468,53.

Con la Legge n. 299/2005 è stato introdotto un ulteriore indennizzo in favore delle persone danneggiate da complicanze di tipo irreversibile verificatesi a seguito di vaccinazioni obbligatorie. L’entità di tale indennizzo è notevolmente superiore rispetto a quello previsto dalla Legge n. 210/92, al quale si somma, ed è corrisposto “per la metà al soggetto danneggiato e per l’altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente e continuativa” (art. 1, L. n. 299/05).

Il diritto all’indennizzo si prescrive in tre anni e deve essere richiesto con apposita domanda indirizzata all’A.S.L. di appartenenza, la quale invia l’istanza alla Commissione medica ospedaliera (CMO), che a sua volta provvede a convocare a visita l’interessato, ad esaminare la documentazione sanitaria e a redigere il giudizio sul nesso causale tra l’infermità e la trasfusione, sulla categoria di ascrizione dell’infermità e sulla tempestività della domanda. Il verbale della CMO viene poi notificato al richiedente: dal giorno dell’avvenuta notifica decorre il termine di trenta giorni per l’eventuale presentazione del ricorso gerarchico al Ministero della salute, o annuale per quello giurisdizionale dinanzi al Tribunale sez. lavoro.

Particolare attenzione va prestata all’obbligo per i soggetti danneggiati da vaccinazioni già titolari dei benefici ex lege n. 210/92, ed aventi in corso contenzioso giudiziale di qualsiasi ordine e grado –ivi compresa la fase esecutiva- di rinunciare con atto formale alla prosecuzione del giudizio per poter accedere ai benefici della Legge n. 299/05.

Il risarcimento

È possibile ottenere il risarcimento solo nel caso in cui il danno patito (effetto indesiderato) poteva essere previsto e, quindi, doveva essere evitato. In altri termini, in ossequio ai classici criteri civilistici, il danno è risarcibile solo nel caso in cui sussista il dolo o la colpa di chi ha preparato o somministrato il vaccino: fuori da questi casi il danno sarà semplicemente indennizzabile in base ai criteri testé indicati.

In quest’ottica, la responsabilità per il verificarsi del danno può essere ricondotta a soggetti diversi, a seconda dell’eziologia del danno.

1) nel caso in cui l’effetto indesiderato sia causato da una intrinseca pericolosità del vaccino (ad esempio perché contenente eccipienti nocivi), la responsabilità ricadrà senz’altro nei confronti del Ministero della Salute, per aver messo a disposizione dei pazienti un medicinale dannoso per la salute.

Con riferimento alla natura della responsabilità – e a tutto quello che ne consegue in ordine a prescrizione e onere probatorio – è stato chiarito dalla giurisprudenza della Suprema Corte che la responsabilità civile del Ministero della salute per i danni conseguenti alla vaccinazione, che si sovrappone a quella per emotrasfusioni, “non è inquadrabile nell’ipotesi di cui all’art. 2050 c.c., non potendosi ritenere di per sé come attività pericolosa, e va ricompresa nella previsione generale dell’art. 2043 c.c.” (Cass n. 9406/2011).

In quest’ambito, pertanto, il danneggiato dovrà farsi carico della prova sul nesso causale tra vaccino e danno. Sul punto, è il caso di precisare che la Cassazione si è espressa in merito al valore probatorio da riconoscere nel contenzioso al Verbale della Commissione Medica reso nella procedura per il riconoscimento dell’indennizzo: le Sezioni Unite hanno statuito che “al di fuori del procedimento amministrativo per la concessione dell’indennizzo di cui alla legge, tali verbali hanno lo stesso valore di qualunque altro verbale redatto da un pubblico ufficiale fuori dal giudizio civile ed in questo prodottoPertanto essi fanno prova, ex art. 2700 c.c., dei fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza, o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di opinione in essi contenute costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuire a loro il valore di vero e proprio accertamento” (Cass. S.U. n. 577/08).

2) Se l’effetto indesiderato si è verificato per un’interazione dannosa tra farmaco ed organismo dovuta ad una inidoneità fisica dello specifico paziente (soggetto particolarmente debilitato, malattie congenite o allergie conosciute o conoscibili ai componenti del vaccino), la responsabilità ricadrà sul personale sanitario che ha somministrato il vaccino – di norma il medico di base – e sull’ASL di appartenenza, per non aver valutato correttamente lo stato di salute del soggetto da vaccinare.

In una simile ipotesi, la natura della responsabilità è senz’altro contrattuale o da contatto sociale, in ossequio all’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità che riconosce l’applicabilità degli artt. 1218 e ss. c.c. (responsabilità per inadempimento delle obbligazioni) nell’ambito del rapporto tra paziente, medico e struttura sanitaria alla quale il medico afferisce.

Con specifico riferimento all’attività del medico di base, la Cassazione ha recentemente ribadito che in tema di danni imputabili all’attività dei medici dipendenti di una A.S.L. la responsabilità è contrattuale e legittimata passiva è la medesima Azienda Sanitaria (Cass. n. 10629/14).

In ordine all’onere della prova, ricadendo nel regime della responsabilità contrattuale, “l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare il contratto (o il contatto sociale) e l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di un’affezione ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato” (…) “Competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante” (Cass. S.U. n. 577/08).

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