Emocromatosi ereditaria

Negli ultimi anni le conoscenze in tema di emocromatosi ereditaria sono cresciute notevolmente ma a tutt’oggi diversi punti restano oscuri.

L’emocromatosi è una malattia ereditaria caratterizzata da sovraccarico di ferro da causa ignota, le cui manifestazioni, se non diagnosticate e curate in tempo, sono cirrosi epatica, cardiopatia, diabete, ipogonadismo, artrite e osteoporosi.

Nel 1996 è stato identificato negli USA il gene HFE, gene che svolge un ruolo chiave nel normale metabolismo del ferro, e di cui due mutazioni, la C282Y e la H63D, sono presenti in più del 90% dei pazienti con un quadro clinico compatibile con emocromatosi ereditaria.
In Italia solo il 65% dei pazienti è omozigote per la mutazione C282Y o doppio eterozigote (C282Y/H63D), genotipi ritenuti responsabili della malattia. Eterozigosi per la mutazione H63D è presente in circa il 25% della popolazione normale senza evidenti alterazioni del metabolismo del ferro, e l’omozigosi H63D, in assenza di concause, è ritenuta responsabile di un fenotipo emocromatosico nel 1-5% dei pazienti.
Per di più, se da una parte vi sono altri geni le cui mutazioni sono responsabili di emocromatosi, e ne sono stati identificati una serie che però giustificano il sovraccarico di ferro in un numero molto esiguo di pazienti (mutazione del gene del recettore 2 della transferrina, della ferroportina, dell’epcidina, e più recentemente dell’hemojuvelina, responsabile del sovraccarico di ferro della forma giovanile), sempre maggiori dati indicano che solo una percentuale variabile tra il 20-40% nei diversi studi, anche se omozigote per la mutazione C282Y, manifesta la malattia.
In altre parole la penetranza del difetto genetico è molto variabile e probabilmente esistono altri geni, detti geni modulanti, che influenzano l’espressione clinica della malattia.
Deve essere tenuto presente che anche un modesto sovraccarico di ferro, quale si ha nei soggetti eterozigoti per le mutazioni del gene HFE, talora non evidenziabile dagli usuali test ematochimici, può peggiorare, soprattutto rendendo più severa la fibrosi, l’epatopatia da altre cause, ad esempio l’epatite cronica virale e la steatosi epatica.

Diagnosi

La diagnosi di emocromatosi deve essere posta in base al fenotipo e cioè alla clinica e non al genotipo, in quanto si può correre il rischio di mancare la diagnosi in pazienti negativi per le mutazioni del genotipo HFE, affetti da mutazioni di geni forse ancora sconosciuti, e, al contrario, si rischia se ci si basa solo sul genotipo di considerare “malati” soggetti che non svilupperanno mai la malattia.
La determinazione della sideremia, transferrina, da cui calcolare la percentuale di saturazione della transferrina, e la ferritina sono i test indispensabili per la diagnosi. Le più recenti linee guida sull’emocromatosi ereditaria indicano di effettuare la biopsia epatica negli omozigoti C282Y solo se le transaminasi sono elevate e la ferritina superiore a 1000 (il paziente potrebbe avere già la cirrosi epatica), ma di effettuarla sempre, a scopo diagnostico, nei soggetti con sovraccarico di ferro non omozigoti per la mutazione C282Y.
Di aiuto diagnostico, ma non sufficiente da solo a porre la diagnosi, sono le tecniche di immagine tipo risonanza magnetica e lo SQUID, in grado di evidenziare deposito di ferro nei diversi organi.

Cura

La salassoterapia è il rimedio più efficace per rimuovere il sovraccarico di ferro: vengono tolti circa 350 ml di sangue/settimana fino al raggiungimento della ferrodeplezione, definita da una percentuale di saturazione della transferrina inferiore al 30%, ferritina inferiore a 20 ng/ml in presenza di una modesta anemizzazione. Da limitarsi ai casi, rarissimi, in cui non si può fare salassoterapia, l’uso di chelanti del ferro.