Epatite D

Aggiornamento Febbraio 2017

E’ sostenuta da un virus difettivo a struttura RNA che richiede delle funzioni fornite dal virus dell’epatite B (HBV) per l’assemblaggio del virione e per l’ingresso all’interno degli epatociti, ma non per la replicazione del suo acido nucleico.
L’infezione da virus dell’epatite Delta (HDV) è diffusa in tutto il mondo e interessa circa il 5% dei portatori di HBV. Da questi dati si stima che vi siano circa 15 milioni di casi di portatori di infezione cronica Delta nel mondo.
Negli ultimi decenni, la prevalenza di infezione HDV nell’Europa meridionale e quindi anche in italia si è ridotta notevolmente, soprattutto grazie alle campagne di vaccinazione contro l’epatite B. 
Essa rimane tuttavia piuttosto elevata nei paesi dell’Europa orientale, nel nord d’Africa e nelle aree sub-tropicali.

La trasmissione dell’infezione Delta avviene per via parenterale, cioè attraverso il contatto con sangue o altri liquidi biologici infetti.

L’infezione da HDV si può verificare sia come co-infezione, intesa come trasmissione contemporanea di HDV e HBV, oppure come sovrainfezione, intesa come infezione HDV che si verifica in un soggetto già portatore cronico di infezione HBV.
Il decorso clinico della co-infezione dipende dal grado di espressione dei due virus. In questo caso la malattia è generalmente bifasica, con due episodi successivi di elevazione della transaminasi, a poche settimane di distanza l’uno dall’altro, il primo correlato alla replicazione dell’HBV e il secondo correlato alla replicazione dell’HDV.

E’ una malattia autolimitantesi nella maggior parte dei casi, con una progressione a malattia cronica osservata nel 2% dei casi circa.
Il decorso clinico della superinfezione è generalmente caratterizzato da un quadro manifesto di epatite, in una persona precedentemente in buone condizioni di salute, che può rapidamente evolvere in isufficienza epatica.
La malattia può avere un decorso severo dando in alcuni un quadro di epatite fulminante. La progressione a cronicità si verifica nel 70% circa.

La diagnosi di infezione Delta viene fatta mediante il riscontro dell’acido nucleico virale (HDV RNA) nel siero, oppure mediante la presenza di antigene virale (HDAg) in campioni di tessuto epatico.
Una diagnosi iniziale può essere fatta mediante la ricerca di anticorpi diretti contro il virus Delta, sia di classe IgM (IgM-anti HDV) che di classe IgG (IgG-anti HDV).

La vaccinazione anti-HBV protegge sempre anche nei confronti dell’infezione HDV.

Molti farmaci differenti sono stati impiegati nel corso degli anni, nel trattamento dell’epatite Delta, con risultati generalmente deludenti. L’interferone ha dimostrato nel tempo di essere il farmaco più promettente ed è attualmente l’unica terapia approvata per il trattamento dell’epatite cronica Delta. Tuttavia, il trattamento dell’epatite cronica Delta con Interferone richiede alti dosaggi e deve essere prolungata per almeno 12 mesi.  

Sono attualmente allo studio nuove molecole che hanno già dato risultati incoraggianti in termini di soppressione della viremia HDV, nel trattamento di animali da esperimento infettati con il virus Delta.
Il trapianto di fegato rappresenta una efficace opzione terapeutica nei pazienti con malattia cronica scompensata. Le percentuali di sopravvivenza a 5 anni osservate nei pazienti sottoposti a trapianto per cirrosi scompensata da HDV sono più elevate di quelle osservate per le altre forme di epatite virale.